Premesso che:
l’acqua è un bene essenziale ed insostituibile per la vita. Pertanto, la disponibilità e l’accesso all’acqua potabile ed all’acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi, costituiscono un diritto inviolabile dell’uomo, un diritto universale, indivisibile che si può annoverare fra quelli di riferimento previsti dall’art. 2 della Costituzione; a partire dalla promulgazione della Carta Europea dell’Acqua (Strasburgo 1968) la concezione dell’acqua come “bene comune” per eccellenza si è affermata a livello mondiale. Peraltro, il “bene acqua”, pur essendo rinnovabile, per effetto dell’azione antropica può esaurirsi: è quindi responsabilità individuale e collettiva prendersi cura di tale bene, utilizzarlo con saggezza, e conservarlo affinché sia accessibile a tutti nel presente e disponibile per le future generazioni. La risoluzione del Parlamento europeo del 15 marzo 2006 dichiara “l’acqua come un bene comune dell’umanità” e chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l’accesso all’acqua alle popolazioni più povere entro il 2015 ed insiste affinché “la gestione delle risorse idriche si basi su un’impostazione partecipativa ed integrata che coinvolga gli utenti ed i responsabili decisionali nella definizione delle politiche in materia di acqua livello locale ed in modo democratico”.
Inoltre, la risoluzione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2004 sulla strategia per il mercato interno – priorità 2003-2006 – già affermava, al paragrafo 5, “essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno”. Gli stessi organi della UE hanno più volte sottolineato che alcune categorie di servizi non sono sottoposte al principio comunitario della concorrenza; si veda ad esempio la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo COM (2004) 374: “…..le autorità pubbliche competenti (Stato, Regioni, Comuni) sono libere di decidere se fornire in prima persona un servizio di interesse generale o se affidare tale compito ad un altro ente (pubblico o privato)”; è peraltro noto che non esiste alcuna norma europea che sancisce l’obbligo per le imprese pubbliche di trasformarsi in società private (come ribadito da: Corte di giustizia CE, 2005; Commissione CE 2003 e 2006; Parlamento CE, 2006).
CONSIDERATO
inoltre che per sostanziare il principio del diritto dell’acqua come universale ed inalienabile,nonché per riorientare il sistema di tariffazione agevolata per le fasce sociali meno abbientiverso un sistema che assicuri maggiore responsabilizzazione degli utenti e politiche di risparmio idrico, appare opportuno introdurre all’interno dell’ordinamento la definizione del servizio idricointegrato come servizio pubblico essenziale, di interesse generale, privo di rilevanza economica.
PRESO ATTO
della necessità di individuare e fare propri alcuni principi basilari in tema di concezione dell’acqua come “bene comune”, nei seguenti termini la gestione del servizio idrico integrato inItalia è attualmente regolata dall’Art. 23bis della L. 133/2008 che prevedeva, in via ordinaria, il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali ad imprenditori o società mediante il ricorso a gara, facendo largo forzatamente all’ingresso di privati; il recente Art. 15 del D.L. 135/2009 che ha modificato l’Art. 23 bis muove passi ancor più decisi verso la privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici, prevedendo l’affidamento della gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica o, in alternativa a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40%; la cessazione degli affidamenti “in house” a società totalmente pubblica, controllate dai comuni (in essere alla data del 22 agosto 2008) alla data del 31 dicembre 2011.
VALUTATO che
questo è un epilogo da scongiurare, per un concetto inviolabile che annovera l’acqua come un diritto universale e non come merce, perché espropria l’acqua potabile dal controllo degli Enti locali e dei cittadini, perché consegna al mercato l’acqua con tutte le ripercussioni sociali che questo può generare.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto si propone alla approvazione del Consiglio Comunale di Lonato del Garda la assunzione dei seguenti principi:
- l’acqua è un bene comune, un diritto umano universale non assoggettabile a meccanismi di mercato di cui va tutelato l’accesso a tutti i cittadini; la disponibilità e l’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile sono garantiti in quanto diritti inalienabili ed inviolabili della persona umana e si estrinsecano nell’impegno a garantire ai cittadini un minimo vitale giornaliero; la proprietà e la gestione del servizio idrico devono essere pubbliche ed improntate a criteri di equità, solidarietà (anche in rapporto alle generazioni future) e rispetto degli equilibri ecologici; il consumo umano delle risorse idriche deve avere la priorità rispetto ad altri usi;
- il Servizio Idrico Integrato è un servizio pubblico essenziale, di interesse generale, privo di rilevanza economica, e come tale non soggetto alla disciplina della concorrenza ma rientrante nella competenza esclusiva della Regione (art. 117 Cost.) che deve essere gestito con meccanismi che garantiscano la partecipazione sociale.
CONSIDERA che
la gestione del servizio idrico integrato va attuata attraverso un Ente di Diritto pubblico, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini.
VALUTA che,
il decreto del Governo inibisce qualsiasi indispensabile politica di ripubblicizzazione della gestione del servizio pubblico integrato, pur constatando che l’attuale affidamento in essere nel Comune di Lonato del Garda, veda la gestione di una società a maggioranza di partecipazione pubblica (Comuni di Brescia e Milano, mentre nell' ATO Basso Garda esistono svariate forme di gestione del servizio idrico in capo ad una miriade di soggetti pubblici e privati).
RITIENE che
il comune di Lonato debba porre in essere tutti i provvedimenti necessari per mantenere la gestione del servizio idrico in capo ad un gestore di carattere completamente pubblico o in subordine ad una azienda pubblica territoriale di diritto pubblico in modo da perseguire il pieno diritto di scegliere liberamente la via della riappropriazione della gestione diretta del servizio.
Il CONSIGLIO COMUNALE
Impegna la Commissione Consiliare competente a predisporre una modifica statutaria che consenta di:
- confermare il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato e che tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà;
- riconoscere che la gestione del servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini;
- promuovere una forma di gestione pubblica, tra quelle previste dalle leggi vigenti, che garantisca il pieno rispetto dei suddetti principi ed obiettivi e favorisca la più ampia partecipazione democratica dei cittadini.
Impegna la Giunta Comunale ad intraprendere tutte le azioni opportune al fine di contrastare i provvedimenti previsti dall’art. 23 bis Lg. 133/2008, come modificato dall’Art. 15 D.L. 135/2009,che condurranno, in tante realtà territoriali, alla messa a gara della gestione del servizio idrico integrato ed alla consegna dell’acqua ai privati entro il 2011.
Afferma come proprio obiettivo prioritario quello della ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico secondo le forme previste dagli Art. 31 e 114 del D.Lgs. n. 267/2000; impegna la Giunta Comunale a predisporre un piano di ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato ed a definirne tutti gli aspetti economico-finanziari.